Il borsello

 

Nel 1970 avevo nove anni e trascorrevo 15 giorni ad agosto in vacanza con gli zii.

Andavamo al mare a Sottomarina, località popolosa e popolare partivamo con la 500 beige, io, mia cugina di 7 anni,suo fratello di un anno, mio cugino di 11, mia zia mio zio e un’altra zia. Riepilogando 3 adulti e tre bambini. La partenza era sempre concitata, perché non sempre una massa mostruosa entra in un solido piccolo, questo, contro ogni legge della fisica. io e i miei cugini soffrivamo di mal d’auto e mio zio, povero, aveva a che fare con tre vomitanti fin dalle prime ore del mattino. Quella mattina le cose andavano come al solito, nella macchina non ci stava più uno spillo, io avevo la nausea, i miei cugini si picchiavano e i miei zii litigavano. Partimmo, lungo il percorso le macchine che ci sorpassavano, ci suonavano e facevano i fari, quelle che venivano dalla direzione opposta ci suonavano e i conducenti facevano strani gesti indicando  il tetto della macchina.

Mio zio incazzato nero rispondeva a parolacce e a gestacci.  Dopo più di un’ora arrivammo a destinazione e quando lo zio scese dalla macchina si accorse che il suo borsello, in finta pelle marrone, era rimasto sopra la cappotta della 500 incollato dal caldo. Dentro c’erano tutti i soldi per le ferie, le uniche che un operaio allora poteva permettersi.

D.R.C.

La porchettina

Un mezzogiorno in pieno lavoro ,mentre ero al banco dietro una catastrofe di bicchieri e quant’ altro, scorgo all’ improvviso vicino a me un maialino. Per meglio precisare si trattava di Marco il bambino di nostri clienti con li vestito da carnevale, appunto da maialino. Il fantastico travestimento consisteva in una tutina rosa con un cappuccetto munito di orecchiette suine e completato da un adorabile grugnetto di gomma tenuto sù da un elastichetto. Io appena lo vedo esclamo” Ma guarda un meraviglioso maialino”. Lui muto, ma con gli occhi spalancati di chi pensa” Questa non mi riconosce. Mentre continuo ad elogiare questa meraviglia, lo prendo per mano e lo faccio vedere a tutti i clienti. ” Ha visto signora Bruna che bel maialino, e lei signore ha visto che bello e lei ha visto quanto è grassottello. Marco stava scoppiando dalla gioia gli occhietti sfavillanti dicevano una sola cosa: “Vi ho fregato tutti”. Spingendolo pian  piano lo porto verso la cucina. Il passaggio verso la cucina è stretto,  spingo  leggermente Marco verso la cuoca e rivolgendomi a lei con  voce  profonda dico: “Guarda che bel maialino, apri il forno che lo cuciniamo subito”. A quel punto con un gesto fulmineo Marco si tolse il grugnetto di gomma e mi dice con voce  spaventata:” ma non vedi che sono Marco”. Così tutti noi a dire che si, ci eravamo sbagliati, ma guarda un pò vatti a fidare del primo maiale che incontri. Solo a me disse: “Te l’ho fatta però eh! Invece la scema della maestra appena mi ha visto mi ha detto Marco va al tuo posto”. Adesso Marco è un ragazzo con i piercing, vestito sempre di nero ed il viso imbronciatissimo. Nonostante tutto però ogni volta che lo guardo non posso non pensare alla tenerissima porchettina che mi sono persa.

D.R.C.

Effetto Mostra

Spesso in autunno vicino alla mia trattoria, in un bel palazzo, vengono organizzate delle mostre di pittura.Molte e molto belle, tra le più viste, quelle dei Macchiaioli, Boldini e De Chiricho. Hanno attirato e attirano un sacco di visitatori. Completamente diversi, dai pellegrini della basilica del Santo, molto spesso famiglie e persone devote semplici e genuine.I visitatori delle mostre sono un popolo a se. Appena entrano nel mio locale li riconosci subito, sguardo sognante, ritmo lento, capacità di comprensione poco sotto lo zero. Un tempo , quando c’era un’altra collega che lavorava con, me facevamo una specie di scenetta.Quando arrivavano questi “sognatori”, che ti guardavano come se fossi  “il buon selvaggio”,  dovevi armarti di tanta pazienza. Sembrava che parlargli di cibo fosse una cosa che non li riguardasse, quasi si cibassero solo d’arte. Quando la mia ex collega, li vedeva particolarmente sulle nuvole, chiedeva loro : “siete stati alla mostra ?”  loro  con un sorrisino estatico rispondevano di sì. Allora lei mi ripeteva :

“Sono stati alla mostra , sai !”.

Che per noi voleva dire: ” accidenti che sballinati, mi ci vorranno due ore per fargli ordinare un primo, giusto il tempo che ritornino dal 1850″. Così il mito che i frequentatori delle mostre fossero dei ” fuori dal tempo” è rimasto e si ripete ancora. Finalmente con il mio compagno andiamo a vedere, per la prima volta (vergognoso), la mostra che attualmente impegna le sale del palazzo (Telemaco Signorini). La mostra è bellissima e per niente noiosa, abbiamo fatto il primo giro lentamente e poi un secondo giro soffermandoci a guardare, quelle che per noi erano, le opere più interessanti.

Quando uscimmo dalla mostra, la signorina della reception, che ci conosceva, ci ha chiesto se siamo stati dentro tutto quel tempo, cosa rispondergli ?

Sarà che quel giorno avevo lavorato tantissimo,  sarà stata l’atmosfera all’interno molto rilassante, fatto sta che mi è venuta la cosiddetta “cagna”, che non è altro quello stato di sfinimento che si prova quando si è stanchi, il cuore batte lento e la pressione è a due. Ci incamminammo in questo stato fino agli scooter parcheggiati li accanto. Partimmo ma dopo pochissimo il mio scooter si fermò inesorabilmente e non ne volle più sapere di ripartire.Giustamente si fermò nel crocevia di massimo passaggio pedonale. Seguì una serie interminabili di estrazioni , pulizie e riposizionamenti della maledetta candela da parte del mio compagno. Il tutto con molta calma, forse l’effetto mostra ? Mentre il mio compagno opera sullo scooter mi accorgo che, ci sono due tipi che si mettono tra noi e il mezzo del mio compagno”,  che ha lasciato  le chiavi inserite sul blocchetto.

Anche un signore in bicicletta ci osservava da quando ci siamo fermati. Vado a togliere le chiavi, la prudenza non è mai abbastanza, poco dopo il mio adorato scooter riparte. IL mio lui mi dice, monta subito altrimenti si spegne. Obbedisco e parto, lui mi avrebbe seguito e raggiunto. Dopo un pò che faccio la strada di ritorno verso casa non lo vedo arrivare, rallento la marcia nella speranza che mi raggiunga ma niente. Dovè ? Con chi si è fermato a parlare ? Sarà successo qualcosa ? Ho pensato a lui, ma francamente a tante altre cose. (n.d.r. ……….). Fatto sta che poco prima di arrivare a casa , circa otto chilometri dal fattaccio e una coda di macchine spaventosa, ad un semaforo ho la folgorazione. Le chiavi del suo scooter sono nella tasca dei mie pantaloni. Quando sono tornata da lui, per fortuna era sereno. Ecco l’effetto mostra, a me aveva dato una botta di letargia a lui una specie di stato di grazia. Non è che nell’aria condizionata della mostra ci hanno spruzzato un pò di erba ?  D.R.C.

Riprendo dal momento in cui lei si è messa il casco  e sotto il mio ordine e partita sfilando davanti a me con il motorino acceso. Mi giro per salire nello scooter e non vedo più le chiavi sul blocchetto alzo la testa e provo a chiamarla. Niente da fare troppa gente e troppo lontana. Mi sentivo molto Fantozzi. Mani imbrattate di olio nero, senza portafogli (dentro la borsa di lei) cellulare con pochissimi cents (dovevo cambiare operatore). E per ultimo il vecchietto che ha assistito a tutta la scena dall’inizio che mi guarda fisso e mi dice :” ea se ndà via coe ciavi ?”. Volevo saltargli al collo e strappargli la giugulare, ma mi sono “imboressato” dal  ridere. Ero sudato e desideravo tanto bere qualcosa….. Provo chiamarla al cellulare : spento, ovvio. Tanto non lo avrebbe mai sentito. Calcolo che normalmente ci mette venti minuti ad arrivare a casa, gli lascio un messaggio in segreteria che diceva : ” indovina chi ha le chiavi del mio scooter ?” Dopo aver fatto da ufficio informazioni a tutte le persone che mi chiedevano tutte le cose più disparate, dopo aver fatto da vigile fermando una macchina della polizia che usciva dall’isola pedonale che per poco non investiva una signora in bici. E’ arrivata lei quasi piangendo.Ci siamo fatti due (anzi quattro) risate.

A.L.