APPUNTAMENTO AL BUIO

Da ragazzo lavoravo in una radio privata, per racimolare qualche spicciolo.

Trasmettevo verso sera, sceglievo i dischi (allora in vinile tipo “la voce del padrone”), la pubblicità e ovviamente rispondevo alle telefonate.

La gente che chiamava lo faceva per  confidarsi e trovare uno psichiatra gratis.

Tra tutte le telefonate ce ne fu una che mi attizzava moltissimo.

Passavo anche un’ora, oltre il mio orario, a parlare con questa ascoltatrice.

Era bellissimo parlarci, si toccavano tutti gli argomenti.

L’ascoltatore in questione era una ragazza di nome Antonella,  (il nome e’ inventato, in realtà si chiamava …… ). L’avventura telefonica duro’ parecchio, fino al momento di non poterne più. Ci dovevamo vedere ! Niente di piu’ bello, davo forma alla voce sentita tante volte. Finalmente l’avrei vista dal vero, avrei i suoi occhi e la sua bocca tanto immaginata.

L’appuntamento era previsto per un sabato pomeriggio, nel centro della mia città.

Saremmo andati a prendere un caffè’, e poi si chiacchierava (forse).

Mi preparo con la camicia migliore, capelli stracolmi di gel (17 anni, figurati), scarpe nuove, profumo a fiumi, denti spazzolati infinite volte, ultimo sguardo ad eventuale brufolo da debellare, non c’era nulla fuori posto.

Vespa luccicante, capelli al vento (il casco non era obbligatorio).

Che emozione, il cuore non stava nel petto.

Arrivo sul luogo con venti minuti di anticipo, aspetto, finalmente vedo arrivare una figura verso di me. Proprio nell’angolo scelto come luogo d’incontro. Si e’ proprio lei, mi viene incontro. La figura si faceva sempre piu’ grande, non smetteva di crescere. Oh mamma, era enorme, alta, larga e vestita di nero.

Era un donnone di due metri per due quintali. Io che son un metro e setta per 65 kg , trovarmi davanti la donna cannone, non e’ stato il massimo. A quell’età avevo un’immaginazione fervida. Mi ero immaginato di incontrare una top model.

Che imbarazzo, non sapevo dove guardare e non riuscivo a fargli i complimenti.

Bevemmo il caffè e poi ci salutammo con un saluto molto formale e la promessa che ci saremmo rivisti.

Due giorni dopo, mi squillo’ il telefono. Era la ragazza, mi disse che aveva urgenza di incontrarmi e non poteva dirmi altro. Era molto agitata.

Mi preoccupai e chiamai il mio amico (quello del racconto “Che freddo”), chiedendogli di accompagnarmi. Nonostante che avesse un impegno importante mi accompagno’. Arrivai dall’Antonella, per poco non mi ammazzai per correre da lei. Non era successo nulla, voleva solo farmi vedere la sorella (una bella ragazza). Salutammo e andammo via.

Non la rividi più.

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