A QUALUNQUE COSTO

Vi e’ mai capitato di innamorarvi alla follia di qualcuno che praticamente non vi vede nemmeno? Penso di si’. A me e’ successo quasi da sempre. Non essendo particolarmente dotata di fascino, furbizia e sex appeal, ho dovuto spesso superare delusioni cocenti. Non che avessi delle mire particolarmente ambite, proprio mi mancava quella marcia in piu’ delle conquistatrici. Diversi anni fa mi ero presa la solita cotta pazzesca per il solito “cieco che non vede solo me” Il poveretto era un bravissimo ragazzo che studiava statistica davanti al mio negozio. Dopo anni di inviti, agguati e quant’altro la mente femminile messa alle strette puo’ escogitare, arrivati ormai alla laurea, riuscii ad invitarlo a cena. Lui che aveva capito benissimo, corresse l’invito in un invito a pranzo. Non importava per me, ormai sapevo che magari per poco, ma finalmente sarei rimasta sola con lui. Confidavo molto nel dopo pranzo, mi sarei munita di una sostanziosa quantita’ di vino e di un abbondante cibo, nella speranza che lo stordimento post-prandiale potesse far avvenire il miracolo. Mi fu prestato un mini disabitato da tempo, dove dovetti praticare delle pulizie “pesanti”, quasi una disinfestazione, con il massimo giubilo di chi me lo presto’. Il suddetto mini era in parte arredato, mancavano per esempio tutte le stoviglie, cosi’ dovetti acquistarle. Cucini, asciugamani, tenda, tappetino, vasetto di fiori, tovaglia ecc, ecc. La cosa si stava facendo assai costosa, cosi’ pensai che per le posate mi sarei appoggiata a quelle qia’ in possesso. Erano le posate d’argento del servizio da matrimonio dei miei. Le pentole erano gia’ state trasportate in loco dentro la borsa da ginnastica, provare per credere, ma sollevare una borsa vuota facendo finta che pesi e’ un gioco da niente, ma sollevare una borsa da dieci-dodici chili facendo finta sia leggerissima non e’ la stessa cosa. Fatto sta che in casa non si erano accorti di niente finche’ mia mamma non mi trovo’ in tasca i cucchiaioni da insalata. Con tono greve mi chiese se avevo dei problemi. Mia mamma ogni volta che non capisce le normalissime cose della vita, vedendo un miliardo di telenovelas e fiction, e’ convinta che abbia un amante o che mi sia data alla droga. In quel caso mi basto’ dirle che avevo organizzato a casa di un amica una cena di lusso e le posate SUE sarebbero state apprezzate. Spesi una follia per un intimo di seta, consigliato dalle mie amiche-supporter. Il giorno fatidico arrivo’. Avevo pensato ad un pranzo di pesce. Mi alzai alle sette, uscii e feci la spesa con calma. Comprai ogni prelibatezza, ero nervosissima, ma avevo il lexotan ero al sicuro, dieci goccine ti fanno sentire serena anche davanti alla sedia elettrica. Arrivata nel mini cominciai a cucinare, ma sul piu’ bello mi comincio’ un terribile dolore al dente, al dente del giudizio. Ma si puo’ essere piu’ sfigati, il dente del giudizio, proprio quando il giudizio dovrebbe essere altrove. Il mio dentista distava poche centinaia di metri da li’. Mi fiondai nel suo studio, come una tigre, il tempo stringeva, il pranzo si era arenato, il morale era quasi sotto le scarpe. La cortesissima segretaria mi disse che il dottore non poteva incontrarmi prima di un ora. Presa da un raptus sillabai ringhiando alla segretaria  il mio problema. Si alzo’ e chiamo’ il dottore. Lui che e’ un angelo, mi fece accomodare, gli spiegai il problema, mi visito’ e mi ordino’ gli antibiotici. ANTIBIOTICI ! Ma quali antibiotici lui mi avrebbe iniettato subito un anestetico, efficacissimo a rilascio lento, con un autonomia, diciamo di quattro ore. Dopo un attimo di stupore mi disse di no. Io feci praticamente una scena madre, dopo la quale mi venne somministrato il benedetto anestetico. Cosi’ con una specie di emiparesi, ripresi a cucinare. Finalmente fu tutto pronto. Lui arrivo’, cominciammo a mangiare, soprattutto a bere, ognuno per motivi propri. Bere, una parola, bere a mezza bocca, con il collo tutto torto, senza sentire se mezzo bicchiere o il cibo ti era caduto dalla bocca. Per non parlare di “parlare” posso assicurare che per problemi tecnici ed ansiosi dissi ben poco. Il lexotan, il vino e l’anestetico ad un certo punto esplosero, fui assalita da vampe terribili, feci un mezzo spogliarello, con il povero ragazzo imbarazzatissimo e paonazzo. Sicuramente ci provo’, ma in quelle condizioni come riuscire a controllare le puttanate che i freni inibitori, ormai partiti, mi sono sicuramente uscite dalla bocca. A me escono normalmente, i miei clienti ci sono abituati, ma nell’alcova, tra champagne, aragosta e intimo si seta le cazzate rovinano l’atmosfera. Risultato, io avevo una sbornia mista da far invidia a mio zio Trinchetto, lui una gran fretta di andarsene. Quando raccontai alle mia amiche il risultato dell’incontro mi tolsero il saluto per un bel po’.

D.R.C.

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